Dimmi chi era Demetrio Stratos

Aron Cheroes

Ricorrono i trenta anni dalla scomparsa di Demetrio Stratos e molti ragazzi non ricordano neppure chi sia. La nostra nazione ha memoria corta, diceva De Andrè, e pure quest’anno ricorre il decennale dalla sua scomparsa.
In questo secondo caso i media hanno dedicato, giustamente, trasmissioni speciali ed eventi commemorativi  e il tam tam dell’attivismo spontaneo degli innamorati del poeta genovese ha invaso la nazione rendendomi fiero delle emozioni sempre provate grazie a quelle musiche e a quei versi.
Ma fra vent’anni sapremo dare giusta memoria a De Andrè? Avremo saputo tramandare la cultura di quel periodo, del suo impegno, la sua storia tout court?
Sono scettico e voglio sbagliarmi perchè sarebbe tremendo, nella confusione dei dati e nella rapidità del consumo, perdere la memoria di un’epoca e la sintesi di alcune esistenze così preziose. Oggi si conosce tanto e non si approfondisce nulla, dice qualcuno, e nessuno ha voglia di tristezza, di strizzarsi, di aggiungere riflessioni all’incertezza dei tempi. Spero trionfi la volontà di scoprire e riscoprire il bello, il ricercato, la poesia e -soprattutto- mi auguro che cali la soglia di presunzione. Quella moda, cioè, che fa di ognuno una star e che priva i poeti del pubblico e gli illuminati dell’ascolto.
La curiosità mai paga e il riconoscimento dell’altrui talento sembrano essere la speranza di un nuovo livellamento culturale.
Demetrio sognava una musica diversa e, dai Ribelli al progressive degli AREA, voleva coagulare diversi tipi di esperienze: jazz, pop, musica mediterranea e musica contemporanea elettronica. Voleva abolire le differenze che ci sono fra musica e vita attraverso gli stimoli provenienti direttamente dalla realtà e dalla strada, chiaramente.
Questi sono esempi di virtù, talento, ispirazione e forma.