Una penombra. Un chiaroscuro. Eí una elegante fusione di suoni, di toni. Intrecci di parole, trame di culture. Si passa dalle poesie maledette di Baudelaire, alla triste ingiustizia della guerra. Silenzio. E poi ci si chiede: ìE tu hai mai visto un uomo campare?î. Dimenticano di non essersi mai visti, e i ragazzi si abbandonano alla lettura. Inizio segnato dallíemozione. Pare che, poco a poco, la community di Tarja prenda forma. Entusiasmo, emozione, adrenalina si confondono. Eí la forza energica che líarte Ë in grado di offrire. Mentre gli artieri appassionano proseliti eccitati dalla romantica carica di Florilegio, passa inosservato che in Italia líarte Ë in crisi. Sembrava impossibile e invece Ë accaduto: le mostre díarte si moltiplicano ma perdono visitatori, le lunghe file davanti alle grandi esposizioni sono un ricordo, gli eventi aumentano ma la passione diminuisce. Il dato Ë tanto forte da fare impressione: nel 2005 i visitatori delle mostre sono stati un milione e mezzo in meno rispetto al 2004. Gli esperti attribuiscono il flop alla cattiva organizzazione degli eventi, e parlano apertamente di ìmostriteî, cioË di ìproliferazione incontrollata di esposizioni, a cui non ha fatto seguito una proliferazione del pubblicoî. Il problema Ë la qualit‡. Federico Zeri, quando ancora la crisi era insospettabile, prevedeva il dÈbacle. Eí quello che, a otto anni dalla sua scomparsa, Ë successo. Lo storico, probabilmente aveva ragione: la mostra Ë un momento effimero che regge il confronto con i fruitori soltanto se ha dietro un vero progetto, se nasce da studi e ricerche. Non basta riunire un buon numero di opere. Bisogna fare attenzione ad ogni particolare, a cominciare dalla comunicazione. Ecco! Il successo di Florilegio Ë il perfetto combinarsi di talenti e organizzazione. Perfetta capacit‡ di coinvolgimento del pubblico, che subisce il fascino del bello (le opere) e il carisma dellíespressione (la comunicazione). E poiÖ si gode degli effetti del passaparola del bello!